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Giorno 4, 17/11/2018

Il 3. giorno di trek è piuttosto impegnativo, con partenza all’alba e arrivo al crepuscolo: abbiamo percorso in più di 8 ore di cammino 21 km e 1500 metri di dislivello in salita e in discesa. Per fortuna abbiamo avuto il privilegio di fare una sostanziosa colazione con patate e tzampa (specie di polenta scura locale a base di farina di orzo molto energetica) nella spartana dimora dove abbiamo pernottato a Walung (villaggio di 116 case per le quali il rappresentante ha chiesto di considerare la fornitura delle stufe).

Da lì, per il primo strappo verticale di 800 metri fino al Patakari Pass, abbiamo imboccato inizialmente una mulattiera fresca di manifattura proseguendo poi su una sembianza di sentiero su terreno argilloso e scivoloso immerso quasi totalmente nella foresta rigogliosa alimentata dalla grande umidità.

Dove non c’era traccia di sentiero occorreva scostare attentamente le ortiche giganti e dolorose in un continuo e faticoso saliscendi, culminato poi con un’ultima discesa fino al fiume Apsuwa kohla sul terreno ripido e difficile di un’enorme frana alluvionale causata dall’ultima stagione delle pioggie nel periodo dei monsoni. A parte alcune scimmie bianche sugli alberi, non abbiamo incontrato nessuno oggi, ma eravamo costantemente accompagnati dal suono scrosciante dell’enorme massa d’acqua portata dal fiume.

Poi improvvisamente quando siamo quasi arrivati al fiume, ci corrono incontro l’ingegnere Signor Yadu Mani Niraula ed il suo staff, con cui non a caso avevamo appuntamento proprio lì quel giorno. Ci accolgono con un grande sorriso e noi riprendiamo immediatamente fiato ed entusiasmo. Abbiamo subito consegnato in regalo all’ingegnere una lattina con la foto del ponte sul Kasuwa kohla, suo 1. progetto realizzato per noi.

Ebbene, proprio lì sull’Apsuwa kohla sorgerà il 2. ponte, di 88 m di lunghezza. Oggi per attraversare il fiume vi sono solo delle strutture provvisorie quasi a filo dell’acqua corrente, costruite con alcuni tronchi d’albero tenuti assieme da liane. Strutture per altro ingegnose (perché non avendone non hanno picchiato nemmeno un chiodo per tenerli assieme), ma pure insidiose perché spazzate via regolarmente ogni stagione dalle potentissime forze dell’acqua del fiume ingigantito nel periodo dei monsoni.

Guardando a valle, a ca. 50-60 m di altezza notiamo che è già stato tirato un grosso cavo che segna dove sorgerà il nuovo ponte. In questo bellissimo momento di incontro, sul posto riceviamo poi altre due belle notizie: la prima è lavoreranno solo persone dei villaggi attigui (manodopera a km zero) creando localmente anche un indotto diretto, mentre la seconda è che grazie all’iniziativa di costruire il ponte, il governo sosterrà anche la messa a punto del sentiero da lì fino a Walung fino ad oggi praticamente inesistente, collegando regioni molto remote e povere di mezzi. Uno scoop: il ponte questa volta sarà almeno per metà bleniese!

 

Solo al crepuscolo, risalendo dapprima il versante fino a Dobatak, arriviamo poi al villaggio di Gonthala, paese dove risiede la famiglia natìa della nostra guida Mingma Sherpa. Tutto il villaggio è lì impaziente ad aspettarci con collane di fiori freschi, altre sciarpe di seta e thermos di te caldo di benvenuto.

Addirittura un parente monaco improvvisa una puja (rituale di preghiera buddista) apposta per noi. Siamo molto colpiti da questo comitato d’accoglienza ufficiale. Il giorno dopo a colazione le sorprese non sono finite, perché subito abbiamo visite. Seduti attorno al calore di una stufa, l’ingegnere ed il capovillaggio ci espongono a grandi linee il progetto di un piccolo ma sofisticato progetto di acquedotto per servire le 12 case del villaggio di Gonthala, di cui prendiamo attentamente nota.

Ma questo sarà oggetto di un futuro approfondimento…


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